“Che cos’è oggi la città per noi?
Penso d’aver scritto qualcosa
Come ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa
sempre più difficile viverle come città.”
Italo Calvino – Le città invisibili,1972
Il diritto alla città non può essere ridotto a un diritto individuale di accesso alle risorse concentrate nella città stessa: dev’essere piuttosto il diritto a cambiare noi stessi cambiando la città, in modo da renderla conforme ai nostri desideri. È perciò un diritto collettivo più che soggettivo, in quanto, per cambiare la città, è necessario esercitare un potere collettivo sul processo di urbanizzazione. In questa prospettiva, è importante analizzare come, nel corso della storia, siamo stati modellati e rimodellati da un processo di urbanizzazione sempre più frenetico ed esteso, animato da potenti forze sociali e costellato da violenti fasi di ristrutturazione urbanistica, di “distruzioni creative”, così come da resistenze e rivolte a cui queste ristrutturazioni hanno dato origine.
“Il diritto alla città, è molto di più di un diritto di accesso individuale o di gruppo alle risorse urbane è un diritto a cambiare e reinventare la città in base alle nostre esigenze. Il diritto alla città è la libertà di costruire e ricostruire le nostre città e noi stessi, è uno dei più preziosi tra i diritti umani e nondimeno è anche uno dei più negletti. Come si può esercitare al meglio questo diritto?” ( Città ribelli. I movimenti urbani dalla Comune di Parigi a Occupy Wall Street 2013, il Saggiatore, David Harvey).
David Harvey cerca di capire come sia possibile costruire “un’alternativa politica e sociale al funzionamento della legge capitalista”, attraverso un “cambiamento di sostenibilità ambientale”. Per Harvey la lotta sul tipo di città che vogliamo non può essere distinta dal dibattito su che tipo di relazioni sociali desideriamo. Il diritto alla città è anche, e soprattutto, un diritto collettivo, ne consegue che la lotta per raggiungerlo – dall’autogestione della città esistente, alla sua trasformazione – deve essere collettiva.
In Brasile, le lotte popolari e la riflessione etica e giuridica hanno portato a riconoscere esplicitamente il diritto alla città (legge 10.257 del 2001), “inteso come diritto a città sostenibili, al risanamento ambientale, alle infrastrutture urbane, ai trasporti e ai servizi pubblici, al lavoro e al tempo libero per le generazioni presenti e future; come gestione democratica dei programmi di sviluppo urbano, con partecipazione della popolazione e delle associazioni”. Il principio generale, affermato con forza nella Costituzione brasiliana, è “ordinare il pieno sviluppo delle funzioni sociali della città e garantire il benessere dei suoi abitanti” (art. 182), stabilendo la priorità dell’interesse collettivo sui diritti individuali dei proprietari e il predominio del valore d’uso degli spazi e degli edifici urbani sul valore di scambio.
Il diritto alla città appare per la prima volta nel 1968 come titolo del saggio “Le Droit à la ville” (Le Droit à la ville 1968, Henri Lefebvre) scritto da Henri Lefebvre in cui viene affrontata l’origine della crisi della città a causa degli effetti dell’industrializzazione. L’elaborazione di un diritto alla città nasce dalla considerazione che i diritti fondamentali sono stati pensati in una società prevalentemente rurale mentre “le avanguardie della modernità si trovano soprattutto nelle città”. Di qui la percezione di un vuoto di tutela e la conseguente esigenza di un’urbanizzazione o localizzazione dei diritti fondamentali, intesa come elemento utile a conferire dignità alla cittadinanza: non si può “vivere correttamente nella dignità di cittadini senza godervi di un livello minimale di diritti concreti”. Diritti concreti come lo sono il diritto alla casa, il diritto alla mobilità urbana, il diritto ai servizi pubblici locali essenziali (come acqua, gas, luce) e il diritto alla sicurezza. Sono questi i diritti che trovano la loro sintesi nel diritto alla città e ne determinano il contenuto.
La luce che sta emergendo è la rivendicazione di un nuovo diritto alla città. La nuova idea di città che sta emergendo è esprimibile in un’espressione semplice e semplicemente comprensibile, rimanda a un concetto fondamentale: occorre che la città, e anzi l’intero habitat dell’uomo, sia considerato un bene comune.